Articolo pubblicato su “La Regione”, 19.06.2018

Che fare con i ristorni? Il Governo ha deciso e ha spiegato. Fiducia all’Italia con l’auspicio di trovare un’intesa per progetti transfrontalieri con le vicine Regioni. Obiettivo condiviso, ma avrei azzardato una tattica diversa per generare immediatamente una vera dinamica di dialogo operativo e non solo diplomatico.

Il versamento dei ristorni andava congelato con l’invito alle Autorità italiane a sedersi subito a un tavolo di lavoro che coinvolgesse gli Stati centrali, Berna e Roma, e le autorità regionali di frontiera, il Ticino e la Lombardia. Non è certamente una tattica convenzionale della diplomazia, ma le ripetute esperienze degli ultimi anni con i vari Governi italiani, obbligano ad azioni decise. La situazione politica italiana è tanto instabile quanto ingarbugliata, le questioni regionali transfrontaliere non sono certamente in cima all’agenda politica. Non sarebbe stato un atto di scortesia, ma uno stimolo diretto a mettersi al lavoro. Il blocco sarebbe potuto terminare in pochi giorni, posate le basi per una reale trattativa bilaterale con formale mandato di negoziazione. Vedremo se “l’azione di fiducia” del Governo ticinese darà gli esiti sperati.

Nell’ottica di uno sviluppo di nuove dinamiche di collaborazione su progetti concreti, nella recente sessione estiva delle Camere federali, ho depositato una specifica mozione. Chiedo al Consiglio federale di compiere i passi necessari affinché tra Svizzera e Italia sia aperta una trattativa, che coinvolga attivamente le Autorità ticinesi, per sondare la possibilità di un nuovo accordo bilaterale per il finanziamento della progettazione e della realizzazione di infrastrutture transfrontaliere per il trasporto pubblico, utilizzando i ristorni dell'imposizione dei frontalieri.

Alla luce della volontà espressa più volte in varie forme dalle Autorità ticinesi di creare nuove dinamiche di collaborazione tra Svizzera e Italia nella gestione del traffico transfrontaliero, una trattativa volta a trovare un nuovo accordo è un'opportunità da esplorare. L'Autorità federale, cui compete la responsabilità primaria della politica estera, deve fungere da capofila a sostegno delle necessità e volontà cantonali. Già nel preambolo dell'Accordo fiscale del 1974 tra la Svizzera e l'Italia si riconosce che l'accordo è stato concluso anche tenendo conto delle "spese per opere e servizi pubblici che alcuni Comuni italiani di confine sostengono". Di conseguenza è dato margine affinché le parti possano convenire in un nuovo accordo la destinazione almeno di una parte dei proventi dell'imposizione dei frontalieri per la progettazione e la realizzazione di infrastrutture per il trasporto pubblico. Penso a opere strettamente necessarie. Primariamente la creazione di posteggi park&rail per l'utilizzo dei collegamenti ferroviari transfrontalieri (Como-Lugano e Varese-Mendrisio) nonché per la realizzazione di progetti di car-pooling o bus aziendali; la carenza di strutture simili su lato italiano è cronica. Secondariamente si potrà pensare allo sviluppo e il completamento della rete di trasporto pubblico transfrontaliero sia ferroviario sia su gomma. Un accordo sarebbe utile a entrambi gli Stati e permetterebbe uno sviluppo positivo delle relazioni bilaterali. Per iniziare bisogna tuttavia sedersi al tavolo e questo necessita di un’azione decisa.

Marco Romano, consigliere nazionale PPD