La politica famigliare deve evolvere con la società. Cambiano le abitudini, i ruoli e le aspettative tanto nella vita privata quanto nel mondo del lavoro. È innegabile, tutto va sempre più veloce e le esigenze sono costantemente in crescita. Nel mondo del lavoro giustamente si esigono sempre più flessibilità e disponibilità, nel contempo aumentano la complessità e la velocità. Ne conseguono una crescita degli squilibri sociali e una marcata tendenza all’individualismo. A risentirne sono la vita comunitaria, lo stare insieme, la disponibilità a condividere e il coraggio di assumersi la grande responsabilità di vivere un rapporto di coppia duraturo e di crescere una famiglia. Le statistiche mostrano chiaramente questa evoluzione: sempre meno figli, individualizzazione e deresponsabilizzazione, con tutte le conseguenze sociali del caso.
Negli ultimi anni parecchie aziende (anche medio-piccole), tanti Cantoni e Comuni, hanno introdotto il congedo paternità. Uno strumento di conciliabilità tra famiglia e lavoro, utile per ritrovare equilibri e creare le giuste dinamiche per sostenere uomini e donne in una fase fondamentale della vita. Attualmente ne beneficia solo chi ha la fortuna di avere un datore di lavoro sensibile e attento agli sviluppi della società.
Finalmente venerdì 27 settembre scorso, alle Camere federali è giunta in votazione finale una modifica di legge per introdurre un congedo paternità minimo retribuito a livello nazionale: due settimane a tutti i neo-papà da utilizzare nei primi sei mesi dopo la nascita. Finalmente una base minima a livello nazionale!
Non si tratta assolutamente di una conquista. È un atto dovuto nei confronti delle famiglie, delle madri e dei padri, e dei figli che di fatto sono il futuro del nostro Paese. I tempi sono maturi, anzi siamo in ampio ritardo. La versione accettata dal Parlamento è un compromesso ragionevole, utile e finanziariamente sostenibile, già proposto nel 2014 dal PPD. Dovrebbe entrare in vigore nel 2021.
È un passo in avanti, con grandissimo ritardo. Affermare che “andava e va tutto bene anche senza”, “che ho cresciuto una famiglia senza questo congedo” e che “è un costo eccessivo”, significa misconoscere l’evoluzione della nostra società. Essa evolve e oggi sempre più uomini desiderano prendersi il tempo per “fare i papà” e non solo per “essere papà”. L’accettazione nella popolazione è molto ampia e altre riforme non vanno messe nel cassetto.
Questo progetto nasce già vecchio. Lo dimostrano le numerose proposte già pendenti che chiedono l’introduzione di varie forme di congedo parentale, a disposizione di entrambi i genitori. È uno strumento, che se sviluppato con pragmatismo e flessibilità, permetterà di ancora meglio conciliare gli impegni fondamentali dalla vita. Uno di questi è crescere una famiglia.
Quale Svizzera vogliamo fra 20 anni? Il PPD vuole una Svizzera solidale e moderna. Una Svizzera dove costruire una famiglia sia ancora a misura di tutti. Prendiamone atto, non neghiamolo, e creiamo condizioni quadro migliori. SI al congedo paternità.

Opinione pubblicata su Il Lavoro, 03.10.2019