La politica famigliare deve evolvere con la società. Cambiano le abitudini, i ruoli e le aspettative tanto nella vita privata quanto nel mondo del lavoro. È innegabile, tutto va sempre più veloce e le esigenze sono costantemente in crescita. Nel mondo del lavoro giustamente si chiedono flessibilità e disponibilità, aumentano la complessità e la velocità. Ne conseguono una crescita degli squilibri e una marcata tendenza all’individualismo. A risentirne sono la vita comunitaria, la disponibilità a condividere, e il coraggio di assumersi la grande responsabilità di vivere un rapporto di coppia duraturo e di crescere una famiglia. Le statistiche mostrano chiaramente questa evoluzione: individualizzazione e de-responsabilizzazione.
L’introduzione di un congedo paternità minimo a livello nazionale – 2 settimane a tutti i neo-papà da utilizzare nei primi 6 mesi dopo la nascita – non è una conquista, ma è un atto dovuto nei confronti delle famiglie, delle madri e dei padri, e dei figli che di fatto sono il futuro del nostro Paese.
Negli ultimi anni parecchie aziende (anche medio-piccole), tanti Cantoni e Comuni, hanno già introdotto questo istituto di politica famigliare. Ora è il momento di fissare una base minima a livello nazionale. I tempi sono maturi, anzi siamo in ampio ritardo.La versione proposta è un compromesso ragionevole, utile e finanziariamente sostenibile, già proposto nel 2014 dal PPD. Spero che un’accettazione ampia porti al ritiro dell’iniziativa, in vista di futuri ulteriori sviluppi nella politica famigliare. Forzando oggi la mano o andando in votazione popolare con lo scontro “2 settimane contro 4 settimane”, inaspriremmo inutilmente il dibattito su futuri sviluppi assolutamente necessari. Faremmo solo il gioco della destra, che per questioni puramente ideologiche, lontana dalle vere necessità delle famiglie, non vuole nulla (propone di nemmeno entrare in materia) e che combatte anche questa proposta minimale.
Questa riforma nasce già vecchia, lo dimostrano le numeroso proposte di minoranza che chiedono l’introduzione di varie forme di congedo parentale, a disposizione di entrambi i genitori.
È un passo in avanti, con grandissimo ritardo. Affermare che “andava e va tutto bene anche senza”, “che ho cresciuto una famiglia senza questo congedo” e che “è un costo eccessivo”, significa misconoscere l’evoluzione della nostra società. Non vergogniamoci di dire: prendiamoci il tempo di “fare i papà” e non solo di “essere papà”. Forse 20 anni fa (immagino per “machismo” o “egoismo”) non si poteva dire, oggi credo che vada non solo detto, ma anche difeso e questa riforma è utile in questo senso.
L’accettazione nella popolazione è molto ampia e altre riforme non vanno messe nel cassetto. Cito nuovamente il congedo parentale, strumento che se sviluppato con pragmatismo e flessibilità, permetterà di meglio conciliare gli impegni fondamentali dalla vita. Uno di questi è crescere una famiglia, in equilibrio con la necessità di generare reddito e crescita sociale. Che Svizzera vogliamo fra 20 anni? Il PPD vuole una Svizzera non egoista ed individualista, una Svizzera dove costruire una famiglia sia ancora a misura di tutti, oggi di fatto non lo è più. Prendiamone atto, non neghiamolo, e creiamo condizioni migliori. SI al congedo paternità!

Intervento personale in Consiglio Nazionale, 11.09.2019