Insieme possiamo e dobbiamo farcela: per un Ticino vincente a Berna! Solo con voi, amiche ed amici, e con il sostegno dei ticinesi da lunedì 19 ottobre prossimo potrò continuare a prendere il treno che settimanalmente mi porta a Berna. Con me desidero ci siano anche il collega Fabio e il nostro capogruppo Filippo! Con una prima legislatura alle spalle, sono pronto a continuare – con impegno e determinazione – a lavorare sotto la cupola di Palazzo federale. Le elezioni sono un momento, il lavoro a Berna è continuo. Per il Ticino e per la Svizzera!
Parliamoci chiaro, dopo la delusione di aprile è il momento di reagire. È il momento di fare tutto il possibile per ottenere un risultato di peso fra sei settimane. Dobbiamo vincere, non ci sono altre possibilità. Malgrado parecchia comprensibile delusione, le premesse ci sono. Smettiamola di trovare sempre un argomento per giustificare un impegno ridotto o peggio un disimpegno. Per tutti, la legislatura cantonale è appena iniziata, le elezioni comunali sono dietro l’angolo, perdere in questo momento un seggio alle Camere federali sarebbe un disastro. Non possiamo permettercelo. Solo questo dovrebbe essere motivo per un impegno straordinario da parte di tutte e tutti. Non solo noi che siamo presenti oggi qui al congresso. Forza!

Non voglio creare panico, ma il secondo seggio al Nazionale è in pericolo. Il rischio di perderlo è concreto. Abilmente, il PLR si sta battendo – con importanti mezzi – per guadagnare un terzo seggio. Affermano a scapito della destra (Lega-UDC), ma – amiche ed amici – la matematica è impietosa, rendiamoci conto che i primi a “saltare” saremmo noi. Da questa sala deve assolutamente partire una reazione. Ne va del futuro del PPD!
Voi presenti oggi in sala potete fare molto, ma non è ancora sufficiente. Fuori da queste mura c’è un intero Cantone a cui chiedere di sostenere una squadra vincente a Berna. Non serve a nulla farsi eleggere nel Parlamento federale e poi distinguersi per assenze in ogni ambito, evidenti carenze linguistiche e incapacità di costruire relazioni interpersonali. Questo non è il nostro modo di fare politica! Con Fabio e Filippo abbiamo lavorato al fronte per quattro anni senza indugio. Avanti e indietro da Berna per portare il nostro apporto concreto sui dossier, cercare soluzioni e spingere nuovi progetti. Sempre con il Ticino al centro delle nostre attenzioni, ma per una Svizzera vincente. È un lavoro di fondo, non di proclami. Evidenziare solo i problemi per scaldare le emozioni serve a poco e illude i cittadini. A Palazzo federale bisogna essere presenti, attivi, credibili, determinati e coscienti che qualsiasi idea o soluzione ha bisogno di una maggioranza: siamo in democrazia, funziona così!

Nel plenum del Nazionale, ma soprattutto nella Commissione delle istituzioni politiche e in quella della Sicurezza ho vissuto quattro anni al fronte. Ho portato il mio contributo, argomentando e cercando di guadagnare il sostegno di colleghe e colleghi d’oltralpe.

Siamo 1 cantone su 26. 10 parlamentari su 246. Non serve a nulla porre solo domande. Proposte concrete e fondate, trovano con il tempo maggioranze. Siamo la terza Svizzera. Ricordiamoci e ricordiamo oltralpe che l’italianità è un valore insindacabile e assoluto per l’esistenza medesima del nostro Paese. Il Ticino deve quindi legittimamente rivendicare pari dignità e opportunità nei confronti della Confederazione e di tutti i Cantoni. Non siamo speciali e secondi a nessuno, ma abbiamo – soprattutto a livello socioeconomico – problemi più acuti rispetto ad altri (mercato del lavoro, traffico, sicurezza, ambiente, piazza finanziaria). Se il Ticino resta chiuso in un angolo, isolato, muto e piagnucolone, non cambierà mai nulla. L’ho vissuto sulla mia pelle. Con credibilità e argomenti si raggiungono successi.

Due esempi. Mi piace pensare alla mia mozione, approvata da entrambe le Camere contro la volontà del Consiglio federale, che ha permesso di sbloccare l’annoso problema dell’effettivo delle Guardie di confine. Si è posto fine allo smantellamento degli effettivi in Ticino e finalmente si offriranno interessanti posti di lavoro nel nostro Cantone. Al di là di ogni teoria o accordo internazionale, maggiore è il numero di Guardie, migliore sarà la presenza sul territorio e la densità dei controlli.

Parimenti ricordo con soddisfazione la mia iniziativa parlamentare volta a consolidare a livello nazionale un congedo parentale in caso di adozione di un figlio in tenera età. L’adozione di un bambino o di una bambina necessita di tempo e risorse. Lo Stato non può ignorarlo e penalizzarlo.

A proposte fondate e dopo un intenso lavoro di convincimento, arrivano anche risposte positive. Occorre altresì fare pressione su Consiglio federale e Amministrazione affinché smuovano dossier fondamentali per il Ticino. Un esempio: la gestione delle relazioni politiche e istituzionali del Consiglio federale con l’Italia è nettamente insufficiente e, da un punto di vista ticinese, inaccettabile. Troppi dossier languono da tempo nei cassetti bernesi o romani. In vari ambiti da parte italiana vi è un approccio passivo e defatigatorio. È ora che per il Consiglio federale i dossier aperti con l’Italia diventino priorità e che, di fronte a taluni atteggiamenti inaccettabili da parte italiana, si risponda per vie e con toni politici e non solo diplomatici. La priorità è data a Germania e Francia, dimenticando il “fronte sud”. Il Ticino è da troppo tempo escluso dal Consiglio federale e l’odierno stallo è dovuto a mio giudizio in parte anche a questo. Senza Ticino non è Svizzera e oggi a Berna – in vari ambiti – manca il Ticino.

Ticino e Svizzera stanno evolvendo e subendo uno sviluppo a una velocità mai vista in tempi recenti. Se guardo a questa sala, una gran parte di voi ha vissuto in pieno gli anni ‘70/’80/’90. Altri tempi mi direte. Personalmente desidero guardare al presente e al futuro, traendo i giusti insegnamenti dal passato. Smettiamola di volere un passato che non ci sarà più. Il mondo attorno a noi è cambiato radicalmente.

Mi impegno per una Svizzera che resti vincente. Lo potrà essere solo se resta unita, determinata e orientata alle sfide internazionali. Un pizzico di coraggio e fiducia nei nostri mezzi in più non guasterebbero. Basta agli atteggiamenti troppo remissivi, all’eccessivo zelo svizzero o ad approcci prettamente teorici. Nel contesto attuale serve pragmatismo (Realpolitik) fondato sui valori che hanno fatto grande il nostro Paese: neutralità, federalismo, sussidiarietà, responsabilità, libertà, solidarietà intercantonale e internazionale, così come volontà di stare uniti nel rispetto delle diversità. Nessuna grande rivoluzione, ma nel contempo nessuna remora a priori; il “freno a mano costantemente tirato” è pericoloso. La Svizzera ha tutto per avanzare concreta e decisa nel contesto internazionale.

Prendiamo l’annosa questione europea. Tema molto complesso e difficile. Cosa serve dire solo “No all’Europa”? E’ un’affermazione fuori dal tempo. È un’affermazione vuota e inutile. Dove si parla di una nostra adesione alla comunità europea? La realtà è un’altra. L’Europa c’è, vive una profonda crisi sociale e istituzionale, ma esiste e con essa e i singoli Paesi membri abbiamo bisogno di una relazione; qualsiasi nome gli diamo. L’adesione non è un tema né oggi e né domani. Il PPD e il sottoscritto non vogliono accelerare; mai l’abbiamo voluto. D’altro canto la Svizzera non è mai stata isolata o isolazionista. Non devo spiegarvi il perché. Rifiutate queste due posizioni estreme, cosa resta? Un sano e costruttivo pragmatismo. Una volontà di mantenere tutta la propria sovranità, ma nel contempo di relazionarsi con chi ci sta attorno: i singoli Paesi, soprattutto quelli limitrofi, ma anche la commissione europea che è una realtà istituzionale presente, anche se come detto in forte crisi. Che si chiamino “bilaterali” o “scambievoli” o “bifronti” o “simmetrici” o “pinco-pallino”, la Svizzera ha bisogno di rapporti istituzionali, economici e sociali con chi ci circonda. Ogni ambito della nostra quotidianità ne è toccato. La geografia e il nostro tessuto economico sono lì da guardare. Serve fiducia nei propri mezzi, volontà di preservare la massima sovranità e maggiore autodeterminazione, ma non si può nascondersi dietro un dito: nei prossimi anni dovremo trovare una soluzione.

Nell’ambito della tanto citata “latente europeizzazione” ho anche promosso un’iniziativa parlamentare molto concreta che chiede al Consiglio federale di coinvolgere il Parlamento in un numero maggiore di ambiti nei quali sottoscrive accordi internazionali tecnici. La proposta ha già trovato il benestare commissionale. Smettiamola di dire “no all’UE”, è qualcosa di evidente, diciamo cosa vogliamo e cerchiamo di realizzarlo!

Voglio concludere con un paio di riflessioni sulla grave crisi migratoria che affligge i Paesi circostanti il continente europeo. Siamo tutti scioccati e preoccupati. Per trovare una situazione paragonabile in termini di numero di migranti (60 milioni) bisogna tornare al secondo conflitto mondiale. Inoltre, pare evidente, ma per taluni non lo è: parliamo di esseri umani e non di scatoloni. Di fronte a facili proclami e soluzioni, ricordiamolo sempre. Non esiste la soluzione per domani. Bisogna lavorare in più ambiti e su differenti livelli. Per questioni di tempo non ho modo di addentrarmi nei dettagli.

La Svizzera oggi presta con efficacia e sostanza il proprio contributo. Il nostro sistema “asilo” nel complesso funziona e le riforme in corso lo miglioreranno ulteriormente. A chi è realmente nel bisogno e nel pericolo – nel solco della nostra tradizione – sappiamo e sapremo dare risposta. A chi sogna una vita migliore o, peggio, ne approfitta, dovremo rispondere con chiarezza che occorre battersi per risolvere i problemi a livello locale, dando nel frattempo rifugio a chi è particolarmente vulnerabile. È utopico immaginare di accogliere milioni di persone.

A preoccuparmi sono i Paesi europei che, già colpiti da gravi crisi interne, saranno ulteriormente messi in difficoltà (un giovane su due è senza lavoro e ne arrivano migliaia di altri). Il pericolo di gravi crisi, anche di sicurezza, è realtà. Con il movimento migratorio, in maniera silente, si diffonde anche l’Islam radicale e in generale chi non vive nel solco della tradizione culturale europea. Questa è una grande sfida cui la Svizzera non può e non deve sottrarsi. Non sottovalutiamolo, la sicurezza e l’integrazione devono essere le priorità. La multietnicità imposta crea destabilizzazione sociale e instabilità. L’identità locale è per me un elemento fondamentale da preservare e rafforzare! Non è chiusura, ma apertura al confronto nel rispetto della nostra storia e della nostra comunità. Prima che sia troppo tardi, riprendiamo con convinzione i nostri valori cristiani, smettiamola di rifiutare le nostre radici ed evitiamo di diffondere paure esagerate.

Concludo, amiche ed amici, ricordando la sfida che aspetta noi PPD: difendiamo i due seggi al Nazionale e rieleggiamo Filippo agli Stati con una votazione eccezionale. Mettiamo da parte i rancori e le diffidenze. Uniamo le forze!

Grazie per l’attenzione e per quanto farete nei prossimi mesi! Forza PPD! W il Ticino e w la Svizzera!

Locarno, 5 settembre 2015