La riforma della previdenza vecchiaia in discussione alle Camere federali deve essere equilibrata e sostenibile nell’ottica di una votazione popolare. Dopo numerosi progetti caduti in Parlamento e al voto, la riforma “Previdenza 2020” non può fallire. La situazione finanziaria del sistema pensionistico e lo sviluppo della piramide generazionale impongono la riuscita dell’esercizio. Purtroppo in seno al Consiglio nazionale è in corso un rigido braccio di ferro tra destra e sinistra che non permette di trovare un compromesso con il costrutto moderato ed equilibrato – targato PPD – chiaramente maggioritario agli Stati.Il recente esito del voto sulla riforma III della fiscalità delle imprese ha nuovamente evidenziato come si possa trovare accettazione popolare solo con progetti moderati ed equilibrati. Le forzature, soprattutto se ideologiche o radicali come l’aumento generale dell’età di pensionamento a 67 anni e il taglio senza compensazioni delle rendite, generano squilibri e sentimenti di rifiuto. Il rischio che l’intera riforma cada è reale. A pagarne le conseguenze sono di fondo le giovani generazioni che si troveranno un sistema fortemente indebitato e squilibrato. La diminuzione delle future rendite del secondo pilastro, deve essere compensata con un aumento dell’AVS. Le prossime due settimane di sessione saranno fondamentali per comprendere la reale disponibilità a contribuire alla riuscita dell’esercizio da parte di PLR, UDC e Verdi Liberali. La situazione è tesa. La posizione del PPD è chiara e decisa: non si fanno ulteriori concessioni o accettano forzature.
Di fronte a progetti che si chiudono dopo anni di lavori, tra le sessioni vi è anche modo di porre le basi di approfondimento su tematiche di attualità molto complesse. Problematiche presenti, per le quali non esistono soluzioni semplici e univoche. Una di queste è la gestione dei costi della salute che negli anni, per svariati motivi (invecchiamento della popolazione, sviluppo medico e tecnologico, ricerca, ecc.), non smettono di crescere. Un fardello a lungo termine non sostenibile per tutte le famiglie! In Ticino si semplifica parlando erroneamente di “aumento dei premi di cassa malati”. Questi non sono che il riflesso dei costi globali del nostro sistema sanitario. A giudizio di tutti sono di fondo troppo alti (esagerati!), fino a quando poi non ci si trova nella necessità di fruirne, anche in maniera massiccia e magari in una struttura sanitaria di prossimità. Parliamo di cifre impressionanti: nel 2015 i costi globali del sistema hanno raggiunto 73,1 miliardi di franchi, di cui “solo” 30,3 legati all’assicurazione malattia di base. I costi ospedalieri, stazionari e ambulatoriali, hanno raggiunto i 12,3 miliardi. Un raffronto tra ospedali evidenza situazioni assurde. Un’appendicite costa a dipendenza dell’ospedale da un minimo di 4’426,80 franchi ad un massimo di 10’194,60. Perché queste differenze? Qualità? Troppi ospedali? Cosa va regolato? Perché un medicamento largamente diffuso in Svizzera costa 42 franchi, mentre in Olanda 2,50? Costi esorbitanti, dinamiche complesse, mancanza di incentivi: le soluzioni non possono essere slogan! In un contesto di informazione asimmetrica e incompleta, tutti gli attori del sistema – cittadini sani, pazienti, casse malati, ospedali, cantoni – perseguono il proprio interesse, generando dinamiche contraddittorie. Non facile uscirne, il PPD si impegna per un approccio fondato sui fatti e votato alla ricerca di compromessi. compromessi.

Editoriale, Popolo e Libertà 03.03.2017