Il lancio dell’iniziativa popolare «Sì alla protezione della sfera privata» coincideva con gli anni turbolenti di reimpostazione totale – direi quasi rivoluzione – della piazza finanziaria elvetica. Eravamo nella fase avanzata di un percorso ad oggi incontrovertibile, contraddistinto dalla Weissgeldstrategie, dalla “doppia morale” da parte di numerosi Stati europei, dai ricatti da parte degli Stati Uniti, dalla fine del segreto bancario per i capitali stranieri depositati in Svizzera. Un gran numero di Stati europei e occidentali necessitava di risorse fiscali per finanziare un welfare divenuto insostenibile. Incapaci di migliorare la performance dei propri sistemi fiscali hanno cercato e trovato in Svizzera nuove risorse imponibili.
Quel periodo, non ancora terminato se pensiamo all’implementazione dello scambio automatico, resterà nella storia come un’era di cambiamenti radicali. Personalmente, non risparmiando qualche critica a chi avrebbe potuto esigere maggiore rispetto per i principi democratici e i fondamenti istituzionali del nostro Paese, ritengo che oggi non serva a nulla recriminare sul passato. Gli attori principali del sistema, penso alle banche medesime, sono stati primattori della riforma. La piazza finanziaria elvetica ha numerose carte da giocare e la Svizzera nel complesso rappresenta ancora una realtà istituzionale e socioeconomica di prim’ordine a livello globale.Tutto questo va messo strettamente in relazione a questa iniziativa popolare. Se nell’ottica dell’internazionalità della piazza finanziaria si sono dovuti accettare e implementare determinati standard minimi, cosi come risolvere le “pendenze del passato”, questo non può tuttavia rappresentare un grimaldello per rivoluzionare nel complesso anche i principi fondanti del nostro Stato.
La Svizzera è uno Stato liberale e federalista, garante di autonomia, rispetto per la sfera privata e per la libertà personale. Nel modello di successo svizzero, lo Stato non è “ficcanaso”. Non ha soprattutto a livello fiscale un approccio poliziesco come nei Paesi limitrofi. Il desiderio di avere “cittadini trasparenti” è un auspicio di una forza minoritaria del Paese. La Svizzera non deve seguire la tendenza internazionale volta al totale controllo da parte dello Stato in tutti gli ambiti della quotidianità e allo sviluppo di cittadine e cittadini “di vetro”. Sono derive pericolose, dettate da una morale ideologica, fondate spesso su pregiudizi e invidie, che mettono seriamente a repentaglio il rapporto, basato su responsabilità e fiducia, tra lo Stato e il cittadino.
Il controprogetto diretto scaturito da questa iniziativa è utile a escludere il rischio di vedere traslato a livello interno il medesimo approccio che contraddistingue le piazze finanziarie vicine o i medesimi principi che le regolano. Nello specifico penso all’inopportuna e inutile volontà di abrogare il segreto bancario anche per i cittadini residenti oppure all’auspicio ventilato dai direttori cantonali delle amministrazioni fiscali di avere accesso diretto ai dati bancari dei clienti residenti. Il primo progetto è per fortuna già stato messo in un cassetto (si spera ben chiuso a chiave), mentre il secondo è un progetto politico per ora fortemente minoritario. Partner dello Stato in ambito fiscale sono i cittadini e non gli istituti finanziari.
In un’era della comunicazione globale, della digitalizzazione di ogni tipo di informazione, ricordando la responsabilità del singolo, occorre che lo Stato sia un attore nel quale riporre fiducia e rispetto, e non un’entità di cui diffidare poiché bramosa di ogni tipo di informazione da utilizzare nel proprio interesse. Per questi motivi, vi invito ad accettare il controprogetto in sostituzione dell’iniziativa.

Intervento in Consiglio Nazionale, 13.12.2016