Gentili signore ed egregi signori,
innanzitutto ringrazio sentitamente per l’invito. E’ un piacere e un onore portarvi il saluto della commissione parlamentare di redazione di lingua italiana e del suo presidente, consigliere agli Stati, Fabio Abate. Personalmente sono membro di questa commissione dal dicembre 2011 e in questi primi due anni di esperienza ho avuto modo di scoprire un’attività tanto interessante quanto importante sia per il quadro giuridico nazionale sia per la presenza dell’italiano nel nostro Stato federale.Permettetemi di esprimervi riconoscenza a nome mio e di tutta la Deputazione ticinese alle Camere federali per il lavoro che prestate quotidianamente a favore della lingua italiana. Il vostro operato è stimato, ma soprattutto è un cardine per il plurilinguismo all’interno del nostro Paese. Voi siete le menti e le mani, che con professionalità e dedizione, garantite la presenza istituzionale dell’italiano in Svizzera. Siete dipendenti della Confederazione impegnati quotidianamente a garantirne la reale pluralità linguistica. Ogni taglio di mezzi e personale ai vostri servizi rappresenta una perdita per l’italiano e una deriva verso una Svizzera monolingue. Il vostro ruolo è fondamentale. Nel futuro prossimo, di fronte a progetti di contenimento della spesa, i servizi di traduzione non dovranno essere considerati elementi di costo, ma servizi fondamentali per il funzionamento medesimo dell’amministrazione federale. Ho spesso modo di affermarlo, sarà una banalità per molti, ma: l’amministrazione federale è realmente federale se eroga servizi e prestazioni nelle tre lingue nazionali. Il vostro lavoro su testi di legge, comunicati, rapporti, in generale su tutto il materiale scritto prodotto dalla Confederazione, permette di rendere la Svizzera concretamente plurilingue.
Ho suddiviso la mia relazione in tre capitoli. In entrata mi pare importante inquadrare il ruolo e l’attività della commissione parlamentare di redazione di lingua italiana. In seguito porterò un esempio significativo e vissuto personalmente relativo al ruolo e alle conseguenze del vostro e del nostro lavoro di traduzione e verifica. E infine coglierei l’occasione di avere una platea di italofoni dipendenti della Confederazione per informarvi e orientarvi sull’impegno a favore dell’italiano nelle istituzioni del nostro Paese.

Cosa è la Commissione parlamentare di redazione?
La Commissione parlamentare di redazione fu istituita come commissione permanente solo nel 1974, ma già prima interveniva per esaminare gli oggetti più importanti in modo saltuario durante le sessioni e poco prima del voto finale.
L’art. 8 della legge federale del 9 ottobre 1902 sui rapporti fra il Consiglio nazionale, il Consiglio degli Stati e il Consiglio federale, e sulla forma della promulgazione e della pubblicazione delle leggi e dei decreti, sanciva che «Terminate le deliberazioni nei due Consigli, le leggi e i decreti di una portata generale devono, salvo che i Consigli non risolvano altrimenti, esser riveduti da una commissione di redazione. Questa commissione è incaricata di stabilire definitivamente i testi tedesco e francese, specie per ciò che riguarda l’esatta concordanza fra loro, e di fare le correzioni di pura forma necessarie per metterli in armonia con le leggi in vigore. Essa non ha facoltà di modificare la sostanza delle deliberazioni prese dai Consigli».
L’art. 12 cpv. 1 della medesima Legge statuiva: «Il testo italiano delle leggi e dei decreti d’una portata generale deve essere riveduto da una commissione composta di un membro del Consiglio nazionale e di un membro del Consiglio degli Stati, di lingua italiana, del secondo vicecancelliere o di un altro funzionario superiore che sappia l’italiano, e del traduttore del progetto». Il lavoro era svolto in maniera permanente e sistematica tra le sessioni.
L’istituzione formale di tale organo nel 1974 sollevò in parte alcune perplessità dovute probabilmente a una scarsa conoscenza del suo operato; si temeva infatti che il lavoro della Commissione parlamentare di redazione di lingua italiana potesse interferire o intralciare l’attività delle commissioni legislative. Eppure la Commissione di redazione aveva già potuto dimostrare la necessità dei suoi interventi. Nel rapporto del 1° ottobre 1973 a sostegno della modifica della legge sui rapporti fra i Consigli per introdurvi due articoli concernenti la CdR (art. 31-33 LRC) la Conferenza dei presidenti di gruppo del Consiglio nazionale scriveva infatti:
«La commissione permanente di lingua italiana ha invece ottenuto eccellenti risultati. Essa si riunisce tra le sessioni ed è sempre composta dalle stesse persone. In queste condizioni, i testi possono essere esaminati a fondo in base a norme fisse e a una terminologia uniforme.

[…] Le esperienze fatte nel frattempo [dopo una prima proposta del 1962 bocciata] fanno rimpiangere che nel 1962 non si sia accettato, per i testi tedeschi e francesi, il disciplinamento già previsto per i testi italiani».[1] In quei tempi, il ruolo della Commissione di redazione consisteva già nello stabilire la versione definitiva dei testi da votare e nel garantire l’equivalenza delle tre versioni, ma vi si aggiungeva anche un controllo e un lavoro di uniformazione delle formule ricorrenti e delle regole di tecnica legislativa da applicare nei casi concreti. Da allora, il lavoro della Commissione di redazione si è affinato, sviluppato e anche affermato, come pure la collaborazione con i suoi interlocutori istituzionali, segnatamente gli uffici dell’Amministrazione, i servizi linguistici della Cancelleria federale, le commissioni legislative del Parlamento, l’Ufficio federale di giustizia, talché la necessità del suo intervento è incontestata. Anzi, dall’inizio del 2013 la presenza della Sottocommissione di lingua italiana è stata rafforzata in seno ai Servizi del Parlamento il che da un lato facilita la collaborazione e i contatti con i deputati e con le altre sottocommissioni ma, d’altro lato, costituisce anche un implicito riconoscimento dell’operato di questo organo.
È interessante notare che già nei primi mesi di attività della Commissione di redazione si erano manifestati problemi, i quali, in realtà, più che problemi sono difficoltà inerenti al suo stesso mandato in parte presenti ancora oggi.
– Innanzitutto vi è la distinzione non sempre netta tra rettifiche puramente redazionali e le rettifiche con incidenza materiale (va ricordato qui l’art. 57 cpv. 3 primo periodo LParl: «La Commissione di redazione non procede a modifiche materiali»);
– In secondo luogo, ma non meno rilevate, occorre definire il momento più opportuno per esaminare i testi. È vero che prima si interviene più tempo si ha a disposizione per gli accertamenti necessari, ma maggiore è anche il rischio che con l’avanzare dei dibattiti parlamentari il testo subisca importanti modifiche che potrebbero poi non essere sottoposte all’esame della Commissione di redazione.
Attualmente quest’ultimo problema è risolto riunendo la Commissione di redazione poco prima dell’inizio della sessione nella quale il testo sarà verosimilmente votato, ma questa prassi, quand’anche ormai collaudata e confermata, non sempre risulta ottimale, soprattutto nel caso di progetti complessi e voluminosi che il Parlamento vuole far entrare rapidamente in vigore. Del resto, un recente studio svolto nell’ambito di un progetto di ricerca del Fondo nazionale per la ricerca scientifica (PNR 56) ha proposto che in taluni casi la votazione finale di un oggetto venga differita proprio per permettere di risolvere problemi linguistici tra le differenti versioni dello stesso atto[2]. Nel contesto normativo attuale una tale soluzione pare tuttavia poco praticabile.
Nel 2011 il Parlamento ha adottato 91 atti legislativi, nel 2012 79. Non siamo ai livelli dell’Unione europea, ma garantiamo comunque una buona produttività.
Negli ultimi anni l’attività legislativa si è accelerata. La nostra società è soggetta a mutamenti sempre più rapidi e la complessità del sistema e dei rapporti tra i vari livelli istituzionali cresce. Talvolta mi pare di percepire nelle proposte di taluni colleghi una certa “estasi legislativa” (per dirla con Kafka) che troppo spesso ci fa credere di dover regolare e normalizzare per legge federale o modifica costituzionale tutto quanto avviene nel mondo. Malgrado la nostra società sia diventata più complessa ed esiga di conseguenza discipline sempre più dettagliate, ovvero leggi speciali, spero che in futuro si possa mantenere un quadro legislativo razionale e rispettoso di principi quali la sussidiarietà e il federalismo.
L’evoluzione incide evidentemente anche sul lavoro della Commissione di redazione che si trova a dover esaminare più testi caratterizzati da linguaggi settoriali viepiù specialistici in tempi sempre più stretti. La moltiplicazione delle leggi impone inoltre un coordinamento preciso delle loro disposizioni.
Quanto alla lingua giuridica, fermi restando i principi che presiedono alla scrittura istituzionale e ai vincoli di sistematicità ed organicità della terminologia giuridica, nell’esame dei testi la Commissione di redazione di lingua italiana vigila innanzitutto sui seguenti aspetti:
– corrispondenza o equivalenza delle tre versioni linguistiche (e spesso e volentieri vi è realmente materia su cui discutere);
– comprensibilità delle disposizioni e delle espressioni utilizzate (cerchiamo di scrivere leggi comprensibili e utilizzabili, termini chiari e disposizioni utilizzabili);
– congruenza e precisione terminologica (attenzione all’evoluzione della lingua, segnatamente a termini desueti);
– coerenza concettuale all’interno dell’atto e negli atti correlati (coerenza intra ed intertestuale);
– conformità delle disposizioni alla volontà del legislatore (autocritica: il legislatore sa sempre cosa vuole?).
L’esempio dell’articolo 175 capoverso 4 della Costituzione federale.
Questo è l’approccio tecnico e teorico. Le sedute sono sempre ricche e vi è sempre modo di discutere una traduzione o un aspetto particolare. Personalmente sono stato positivamente sorpreso dal ruolo e dell’attività della Commissione, sconosciuta fino all’elezione in Consiglio nazionale.

Di recente, senza che la notizia abbia trovato grande risalto mediatico, il Consiglio nazionale, e in maniera specifica la sua Commissione delle istituzioni politiche di cui faccio parte, si è trovata nella situazione di discutere a fondo – per certi versi di non accettare – la traduzione di un articolo della nostra Costituzione federale. Il testo è in vigore dal 18 aprile 1999, ma solo nel 2012 si è aperto un dibattito politico – poi chiarito dai tecnici della traduzione – sull’articolo 175 inerente la composizione ed elezione del Consiglio federale.
Al capoverso 4 dell’articolo 175 la Costituzione in lingua italiana statuisce che [si parla del Consiglio federale] «le diverse regioni e le componenti linguistiche del Paese devono essere equamente rappresentate». In francese la traduzione è molto simile con ”les diverses régions et les communautés linguistiques doivent être équitablement représentées au Conseil fédéral». Il «devono essere» è tradotto con «doivent ètre». In tedesco invece la formulazione – per il cittadino-politico che legge, non linguista – è invece apparentemente diversa con «Dabei ist darauf Rücksicht zu nehmen, dass die Landesgegenden und Sprachregionen angemessen vertreten sind».
«Devono essere» e «doivent ètre» corrispondono e trasmettono il medesimo significato di «ist darauf Rücksicht zu nehmen»? Il dibattito politico si è immediatamente scaldato, con Ticinesi e Romandi che all’articolo danno un significato maggiormente imperativo rispetto ai tedescofoni. In un momento storico in cui la Svizzera italiana è assente da 14 anni dal Consiglio federale è evidente che nel “devono essere rappresentate” si legga qualcosa di più forte rispetto al “si devono tenere in considerazione” della versione tedescofona.
La vicenda ha richiesto l’intervento in Commissione del segretariato della Commissione di redazione. Mi permetto leggervi l’estratto del contributo del segretario della Commissione di redazione di lingua italiana: “Nella traduzione del testo tedesco – che è il testo originario – si era posto il problema della formulazione impersonale (“darauf Rücksicht zu nehmen”) che in francese ed in italiano richiederebbe l’uso del pronome “si” impersonale. Nei testi legislativi ed a maggior ragione nella Costituzione una tale formulazione non è usuale e non è consigliata. Allora si è deciso di mettersi nella prospettiva statica e non dinamica dell’elezione e quindi di riferirsi semplicemente alla composizione del Consiglio federale. Quindi si è formulata questa espressione ottativa del testo tedesco in modo diretto con i verbi “dovere” e “devoir”. Se si considera il capoverso 4 nel suo contesto è preceduto di tre capoversi che sono tutti formulati al presente indicativo. Negli atti normativi e nella Costituzione, il presente indicativo non ha valore descrittivo ma un valore deontico, cioè normativo. Quando si scrive “il Consiglio federale è composto di sette membri”, la legge dice che il Consiglio federale deve essere composto di sette membri. Questa è la formulazione linguistica più forte per esprimere un dovere. Se al capoverso 4 si trova la formulazione con il verbo “dovere”, la valenza normativa viene quasi attenuata come se il legislatore desse effettivamente un incarico di eleggere i membri del Consiglio federale tenendo conto della rappresentazione delle componenti linguistiche e delle regioni del paese. In realtà la forza normativa rispetto alla versione tedesca è attenuata e quindi, secondo noi e secondo la commissione di redazione all’epoca, c’è equivalenza nelle tre versioni”.
Nulla da eccepire da un punto di vista di tecnica legislativa e tecnica di traduzione. In questo caso concreto si evince chiaramente l’importanza di una traduzione chiara e congruente. Malgrado da una prima lettura si possa dire che la formulazione francese e la formulazione italiana siano più vincolanti, situata nel contesto questa disposizione non ha un senso molto lontano dal tedesco che ha comunque una componente deontica.
La traduzione e il lavoro della commissione di redazione risalgono ormai agli anni ante 1999. La recente discussione commissionale ha chiarito gli aspetti tecnici e non vi è motivo per avviare un complesso (direi insensato) meccanismo politico che porti ad una correzione. Resta tuttavia un articolo che letto nelle differenti regioni del Paese suscita reazioni diverse.
Alla luce di questo esempio e di questa esperienza vissuta in prima persona è evidente l’importanza del vostro lavoro e della seguente verifica della Commissione di redazione. E’ immaginabile che nel nostro sistema normativo vi siano altri esempi simili, corretti da un punto di vista formale e linguistico, ma nei quali il cittadino a differenza della versione linguistica utilizzata percepisce un altro significato.
Questa è la Svizzera plurilingue e solo con servizi di traduzione altamente competenti e specializzati si può garantire un quadro giuridico ineccepibile. Torniamo di conseguenza alla necessità di evidenziare la necessità del vostro lavoro e l’assoluta impossibilità di ridurre il servizio nel futuro.

L’italiano nella Confederazione
Sappiamo tuttavia che annualmente in sede di elaborazione del preventivo, o nell’ambito di un progetto di taglio della spesa, si mette sulla bilancia la possibilità di risparmi nei servizi di traduzione. Personalmente mi irrito parecchio quando colleghi tedescofoni e francofoni mettono in dubbio la necessità di preservare e valorizzare l’italiano nell’amministrazione federale.
Questo mio sentimento di irritazione è diffuso e per questo motivo, dopo anni di lunghe battaglie, la deputazione ticinese alle camere federali, ha promosso nel 2012 la creazione di un intergruppo parlamentare “Italianità”, costituito ai sensi dell’articolo 63 della Legge federale sull’Assemblea federale. Copresidenti sono i consiglieri nazionali Ignazio Cassis e Silvia Semadeni. L’obiettivo è chiaramente quello di dare visibilità alla Svizzera di cultura italiana e a promuovere attività a favore di questa componente essenziale del Paese.
L’intergruppo parlamentare “Italianità” si rivolge a tutti i parlamentari che, a prescindere dalle loro competenze linguistiche, sostengono la diversità culturale e linguistica della Svizzera e sono sensibili al contributo che la cultura italiana offre alla coesione e all’identità poliedrica e pluralista del Paese. Una cinquantina di Consiglieri nazionali e agli Stati di 14 Cantoni compongono l’intergruppo.
Nelle linee di impegno per il 2014 abbiamo definito 4 assi di impegni che vi illustro brevemente.

1.    Rappresentanza italofona nell’Amministrazione federale
– Sostenere la nuova delegata al plurilinguismo Nicoletta Mariolina nella sua azione e coordinare gli interventi volti al rafforzamento della lingua italiana nell’AF.
– Accompagnare con occhio vigile la risposta del CF ai postulati Cassis (12.4265 – Analisi dettagliata dei bisogni di plurilinguismo nell’amministrazione federale) e Romano (12.4050 Analisi dettagliata del plurilinguismo nei vertici dell’amministrazione federale).
– Identificare le sinergie d’azione con Helvetia Latina, l’Associazione per la pluralità linguistica e culturale nell’amministrazione federale.

2.    Meccanismi di assunzione del personale nell’Amministrazione federale
– Promuovere meccanismi di assunzioni che facilitino il plurilinguismo.
– Approfondire le raccomandazione del Rapporto sui meccanismi di assunzione del personale realizzato dal Centro per la democrazia di Aarau su mandato dell’Istituto di plurilinguismo dell’Università di Friborgo che sarà presentato al CF il prossimo 26 novembre 2013.
–  Verificare la possibilità di vincolare al salario degli alti funzionari la promozione del plurilinguismo.

3.    Sensibilizzazione del Parlamento
– Realizzare due incontri dell’Intergruppo italianità nelle sessioni di primavera e autunno 2014 dedicate rispettivamente alla presentazione del progetto OltreconfiniTI (il portale multimediale sull’emigrazione ticinese) e al bilancio a un anno della Delegata al plurilinguismo.
–  Inviare quattro volte all’anno una breve newsletter sull’avanzamento dei lavori ai membri dell’Intergruppo parlamentare italianità.

4.    Pilotare il processo legislativo federale
–  Mantenere alta la pressione sul processo legislativo volto ad aumentare il numero dei consiglieri federali da 7 a 9. I numerosi atti parlamentari recentemente discussi sono stati bocciati a maggioranze deboli, a dimostrazione del processo di evoluzione in materia.
–  Concentrare gli sforzi dell’Intergruppo a sostegno dell’iniziativa parlamentare 13.443 presentata il 30 agosto 2013 dalla Commissione delle istituzioni politiche (Equa rappresentazione delle comunità linguistiche nel CF con nove membri), volta a modificare l’articolo 175 della Costituzione svizzera.
–  Accompagnare il processo esecutivo della Legge e Ordinanza sulla lingue con atti parlamentari.

Conclusione

Le sfide aperte sono notevoli e il lavoro non manca. Personalmente credo che la valorizzazione – oggi troppo spesso ridotta a difesa – dell’italiano nell’amministrazione federale sia un impegno costante da promuovere in tutti gli ambiti. Il vostro lavoro ha un ruolo chiave, ma occorre mettervi nelle condizioni di poterlo svolgere al meglio. L’amministrazione federale deve essere realmente federale da un punto di vista linguistico. La Commissione di redazione di lingua italiana e l’intera deputazione ticinese alle Camere federali vi ringraziano per la professionalità e la competenza con cui svolgete il vostro lavoro. Sapervi al termine di una due giorni di approfondimento e di formazione continua lascia presagire un ulteriore sviluppo del vostro importante operato.

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[1]   FF 1973 II 704.

[2]   R. J. Schweizer, M. Borghi (a cura di), Legislazione plurilingue in Svizzera, DIKE Verlag, Zurigo/S. Gallo 2011, p. 430.