Intervista su Corriere del Ticino, 18.12.2019

Le elezioni comunali dell’aprile 2020 sono ormai dietro l’angolo. Della possibile rinuncia di Marco Romano alla politica mendrisiense si parla da tempo, ha preso una decisione in merito?

Non mi ripresenterò. Una decisione presa discutendo con il Partito. Valutata a fondo con i miei cari e strettamente legata alla volontà di massimizzare il mio impegno a Berna nella legislatura appena iniziata. Il mio focus sarà sulla politica federale. In aggiunta la rinuncia mi permette di riorganizzarmi anche professionalmente: da aprile 2020 assumerò una nuova sfida nel privato.

Quali sono le motivazioni di tale scelta? Quanto ha inciso la netta sconfitta nel voto per l’elezione del sindaco del maggio 2018?

Ho profondo rispetto per la democrazia e il risultato del maggio 2018 mi ha dato un segnale chiarissimo. La sconfitta ha generato occasioni. Sono impegnato a Mendrisio dal 2003, amo profondamente la mia Città. Il sistema di milizia impone tuttavia scelte, utili anche a trovare i giusti equilibri tra famiglia, politica e carriera professionale. Lascio una funzione con molti stimoli, per trovarne ulteriori in una dinamica maggiormente nazionale. A Berna continuerò il mio lavoro nella Commissione delle istituzioni politiche che avrò l’onore di presiedere nel biennio 2022-2023 (un impegno notevole) e nella Commissione di redazione di cui assumo la presidenza nel 2020-2021. La parziale riorganizzazione dei miei impegni mi permette poi di entrare anche nella Commissione dei trasporti e delle telecomunicazioni, realtà strategica per il Ticino e il Mendrisiotto.

In passato le è stato rimproverato più volte di avere troppi impegni a livello politico, soprattutto per la doppia carica a Berna e Mendrisio. Questa decisione significa che, forse, chi sostiene che per un politico non professionista questi impegni erano troppi aveva ragione?

Nell’odierna deputazione ticinese abbiamo ben due sindaci. Non torno su quell’assurda campagna in cui si è cercato ogni appiglio possibile per delegittimare la mia persona. In 4 anni di Municipio non ho mai avuto la sensazione che l’impegno federale arrecasse danno all’esecutivo. Con i collaboratori dei Dicasteri di cui ho la responsabilità abbiamo portato avanti con successo numerosi dossier e, con organizzazione e dedizione, rispondo a tutte le sollecitazioni della vita quotidiana. Il giudizio lo lascio alle persone per cui e con cui opero. Mi sveglio ogni mattina motivato e grato per quanto vivo.

Il suo è un addio o un arrivederci alla politica comunale?

Fare politica non è “avere un cadreghino”. Resto impegnato su vari fronti locali. Sarò inoltre candidato al Consiglio comunale e, se le cittadine e i cittadini lo vorranno, continuerò a impegnami per Mendrisio. Non sparisco.

Qual è il suo più grande rammarico come municipale di Mendrisio?

Percepisco una tendenza a chiudersi, a ragionare solo sul micro e a rinviare molte decisioni; forse per paura di impopolarità. Le dinamiche fondamentali oggi si realizzano tra Comuni, nei rapporti con il Cantone e la Confederazione. Spero si focalizzi maggiormente sul macro, dando fiducia ai professionisti dell’Amministrazione capaci di gestire e sviluppare al meglio il micro.

E quello che reputa il suo maggior successo?

Soli non si fa nulla, ogni dossier riuscito è lavoro di squadra. Serberò un ricordo particolare del Consorzio Acquedotto regionale del Mendrisiotto che presiedo come capodicastero AIM. Un progetto strategico iniziato oltre 30 anni fa che vede tutti i comuni del Mendrisiotto impegnati nella messa in rete degli acquedotti e nella costruzione di una captazione a lago. In questi 4 anni si sono fatti enormi passi avanti, non senza difficoltà nel convincere tutti ad avere un approccio solidale e orientato al futuro; non fermatevi.

Guardando al futuro, cosa significa essere un deputato momò a Berna? Cosa si può fare per il nostro distretto?

In ambito di trasporti, sicurezza, mondo del lavoro e della cultura non smetterò mai di ribadire che la Svizzera non finisce a Lugano. Il Mendrisiotto tuttavia per essere vincente deve sviluppare posizioni unitarie e contatti diretti; non proclami simbolici e sole lettere tante formali quanto inutili.

Pensando al futuro di Mendrisio, lei lascia un PPD che sembra vivere un momento molto difficile, soprattutto alla luce della perdita della poltrona di sindaco dopo 46 anni. Pensa che la sua rinuncia complicherà ulteriormente la situazione?

Assolutamente no, nessuno è indispensabile. Il PPD di Mendrisio ha numerose donne e uomini con profili molto validi. La mia rinuncia genera interessanti dinamiche perché libero un posto e il PPD ha le carte in regola per mirare al mantenimento dei 3 seggi in Municipio.

Spesso le è stato rinfacciato di non spiccare in simpatia e lei ha risposto che non fa politica per piacere agli altri. Alla luce dell’attuale scena politica crede che sia una scelta pagante?

È imbarazzante. Sulla mia persona nella Città di Mendrisio si sono dette e scritte tante cattiverie e fantasie; spesso senza nemmeno conoscermi. Ma anche questo è parte del fare politica… Il recente risultato elettorale per le Nazionali mi ha mostrato un ampio sostegno popolare, fuori Mendrisio in ogni angolo del Cantone. Non sono una personalità estroversa, questo è il mio carattere. Vivo con passione e determinazione quanto faccio. Sia in Ticino sia nel resto della Svizzera sento l’apprezzamento delle persone con cui collaboro e vivo momenti di convivialità.

Chi secondo lei tra le fila del PPD ha le caratteristiche giuste per poter ambire a riconquistare la poltrona di sindaco?

Le carriere politiche non si pianificano. Le dinamiche si sviluppano rapidamente e imprevedibilmente. Nel PPD militano numerose donne e uomini appassionati e competenti., sceglieranno le cittadine e i cittadini…

Intervista a cura di Lidia Travaini, Corriere del Ticino, 18.12.2019