In Consiglio nazionale si dibatterà questa mattina su di una modifica della legge sui lavoratori distaccati. Un insieme di norme – costantemente migliorate e ancora ampiamente da ottimizzare – che rappresentano un elemento centrale per salvaguardare in Svizzera condizioni lavorative e salariali dignitose, evitando le pericolose derive vissute in numerosi Stati europei. Il Ticino, sciaguratamente, conosce bene gli sviluppi di degrado degli stipendi in taluni settori. La “lombardizzazione” dei salari è purtroppo realtà e va combattuta con tutti i mezzi possibili. Non siamo un eldorado nel quale tutto è permesso e possibile.La modifica legislativa – a giudizio del PPD troppo limitata e poco coraggiosa – porterà principalmente a un aumento del limite superiore delle sanzioni amministrative previste per infrazioni alle condizioni lavorative e salariali minime. Da multe di 5’000 franchi si passerà a 30’000. Questo inasprimento delle pene permetterà di sanzionare in maniera pesante chi sgarra ottenendo così anche un effetto deterrente. Queste sanzioni saranno inflitte, da un lato, a datori di lavoro stranieri che distaccano lavoratori in Svizzera e violano le condizioni lavorative e salariali svizzere. D’altro lato, esse permetteranno ai Cantoni di infliggere multe più salate a datori di lavoro svizzeri che non rispettano i salari minimi obbligatori previsti nei contratti normali di lavoro.
Proprio nell’ottica di rafforzare ulteriormente gli strumenti giuridici a disposizione di Confederazione e Cantoni per tutelare il mercato del lavoro, mi sono fatto promotore di un emendamento personale volto a introdurre un ulteriore strumento per la difesa di salari dignitosi nelle regioni colpite da dumping transfrontaliero.
Con il sostegno – spero unanime – dei colleghi ticinesi e di altri cantoni di confine proporrò di aggiungere alla Legge un nuovo articolo per facilitare il prolungo dei contratti normali di lavoro (CNL). Si tratta di contratti di lavoro che stabiliscono salari minimi vincolanti validi per un intero ramo, dove non vi è un contratto collettivo, ma abusi comprovati e ripetuti. Il Ticino ne conosce attualmente 16 (record svizzero). I rami coinvolti sono le agenzie di viaggio, gli impiegati di commercio, degli studi legali, delle fiduciarie e della consulenza aziendale, gli operatori dei call center, i saloni di bellezza, i centri fitness, la vendita al dettaglio (negozi con meno di 10 dipendenti), il prestito di personale, la fabbricazione di apparecchiature elettriche, computer, prodotti di elettronica e ottica, l’orologiera, l’informatica e il commercio all’ingrosso.
In tutti questi settori, i CNL permettono di evitare derive salariali verso il basso fissando un salario minimo vincolante. Essendo contratti a durata limitata, il loro rinnovo crea tanta burocrazia anche quando è evidente che senza di essi la spirale sarebbe nuovamente negativa. La mia proposta permetterà di rinnovarli senza eccessiva burocrazia per i cantoni e i datori di lavoro (dispendiose inchieste del mercato del lavoro) quando in un settore è evidente la necessità di un salario minimo e risulta lampante che senza di esso si avvia il degrado già conosciuto. Una modifica di Legge utile e importante per i Cantoni di frontiera. La misura è in aggiunta estremamente federalista perché sarà utile ai Cantoni che conoscono CNL (Ginevra, Giura, Ticino e Vallese), mentre non avrà effetti sui cantoni che non ne hanno. Tutti i Cantoni che hanno adottato dei CNL hanno sostenuto questa misura in occasione della procedura di consultazione, ma poi il Governo ha stralciato la proposta.
Ora tocca al Parlamento agire e sostenere il mio emendamento per agevolare la proroga dei CNL in scadenza. L’esito non è scontato, una maggioranza è possibile. Spero di trovare la massima attenzione nelle fila di tutti i Partiti senza eccessivi approcci ideologici.

Contributo pubblicato su Giornale del Popolo, o1.03.2016