Viviamo una fase di transizione, dove i rapporti fra Cantoni e di questi ultimi con la Confederazione vengono costantemente rimessi in discussione su questioni a volte fondamentali, come l’insegnamento delle quattro lingue nazionali, il rapporto città-periferia, l’utilizzo delle risorse, la gestione del traffico delle persone e delle merci, l’applicazione sull’intero territorio (regioni di frontiera comprese) degli accordi con l’Unione europea, libera circolazione delle persone compresa. Non ultimo, stiamo vivendo una fase storica in cui la tendenza a chiudersi, a respingere gli altri che premono ai confini, è tornata di estrema attualità e persino in modo ‘prepotente’.
Temi importanti, che spesso prevalicano i poteri nazionali, ai quali non è facile trovare soluzioni per il breve e medio termine. Quest’elezione federale ormai alle porte assume dunque un significato ancora più alto, perché la posta in gioco è davvero enorme: decidere il futuro della Confederazione in tempi dove mancano le bussole sino all’altro ieri funzionanti. Quale dunque oggi, ancor più di ieri, il ruolo del parlamentare federale in un contesto che, come detto, sta mutando velocemente travolgendo anche i capisaldi del federalismo? Cosa significa, nel Terzo millennio, fare gli interessi di una regione linguistica (magari, come nel nostro caso, minoritaria) là dove si decidono i destini del federalismo futuro? Molti i temi sul tavolo, ma ci pare importante ripartire da qui. Dal senso della politica federale.
Qual è il ruolo, a suo giudizio, del deputato federale nella dialettica fra identità regionale e coesione nazionale?
Deve in primo luogo garantire il suo massimo impegno a favore della coesione nazionale, promuovendo e difendendo la nostra identità ticinese. A Berna occorre ripetere in continuazione che “non è Svizzera, senza Ticino”. La visione è quindi nazionale con un’attenzione particolare per il cantone in cui si è eletti. Da parte mia, in questa prima legislatura, ho assunto un profilo basato sulla presenza, sul dinamismo, sulla determinazione e la credibilità. Quale minoranza dobbiamo impegnarci di più e su più fronti, con un’azione concreta che difenda gli interessi regionali in un’ottica di sviluppo nazionale. Non è localismo, ma tutela di una realtà minoritaria che è geograficamente ed economicamente esposta a problemi più acuti rispetto ad altre regioni. Non serve a nulla chiudersi e piangersi addosso in continuazione, strillare o limitarsi a porre domande stando poi silenti e passivi a Berna. Per contribuire alla gestione dei problemi e trovare delle soluzioni mirate anche per il Ticino serve un’azione concreta e continua al fronte. Come deputato ticinese credo che il percorso svizzero di successo – in un contesto internazionale in grande difficoltà con relative pressioni sul nostro Paese – possa continuare solo tutti uniti: con un Ticino più forte a livello nazionale. Meno coesione porta a maggiore vulnerabilità.

Come giudica la sua attività alle Camere in quest’ultimo quadriennio? Ci faccia un bilancio.
Un bilancio sul mio impegno lo devono fare gli elettori in queste settimane. Il 18 ottobre – dandomi o meno il voto – decideranno se devo continuare a operare per il Ticino e la Svizzera a Palazzo federale. Nella Commissione delle istituzioni politiche e in quella della Sicurezza ho agito concretamente su numerosi dossier con una rilevanza particolare anche per il Ticino. Talune mie proposte sono state accettate, una soddisfazione nella prima legislatura, mentre per altre è necessario convincere ulteriormente. Per avere successo servono maggioranze che si costruiscono lavorando, dimostrando competenza e guadagnando credibilità. Una seconda legislatura mi permetterebbe di portare avanti con ancora più forza molti dossier aperti. Penso alle misure per tutelare il mercato del lavoro, al miglioramento della sicurezza, alla difesa dell’italianità in Svizzera. Una Svizzera vincente deve restare a misura di famiglia e solida nei suoi valori.

Elezioni federali, approfondimento a cura della redazione Cantone, La Regione, 28.09.2015
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